28 Lug Come un gatto
Le mie percezioni sono come quelle dei gatti. O forse degli orsi, non saprei. Primitive. Ecco è questa la definizione giusta. Le decisioni passano dal mio stomaco, se saltellano troppo in testa allora non sono affatto buone. Quindi con l’esperienza ho imparato a seguire l’istinto contro il quale mi sono scagliata innumerevoli volte. Abbiamo lunghe discussioni aperte sul tavolo, il mio istinto ed io: e se avessi fatto, e se non avessi detto.. Lui caparbio, io testarda, lui accondiscendente e a tratti frivolo, io rigida e sofisticata.
Le parole e le considerazioni rotolano sul tavolo quasi potessi sentirne il rumore del ping pong per poi giungere alla considerazione finale che “non avrei potuto fare diversamente”. Esatto. Palla al centro. Le cose sono come sono. Vanno come vanno. Decido ciò che sento e se l’alternativa è di snaturarmi per pietire grammi di considerazione, il mio vessillo si stende al sole dell’integrità del mio spirito. Giammai! Pare gridare in barba ai dettami sociali e alle apparenze erudite degli esperti in materia, e se il prezzo da pagare è restare ancora nuovamente sola. E sia!
Alla fine dei ragionamenti, del resto, la mia spasmodica necessità di seguire l’istinto in realtà funziona da acceleratore di relazioni. Intendo dire che chi non vuole stare fa prima a trovare la via di fuga che altrimenti gli sarebbe costata tempo, fatica e giri inutili di parole. Una perfetta cameriera, servo su un piatto d’argento rapide soluzioni. Un direttore d’orchestra improvvisato che resta ad osservare sornionamente, ma non senza rammarico, la rapidità del questuante che veloce come un fulmine non solo intravede, ma infila spedito la via di fuga. Salvo poi ovviamente, restare ad adorarmi da lontano quasi fossi divenuta una eterea musa incorporea e angelicata.
Ciò resta. Ciò ne resta del genere umano. Mi consolo pensando al risparmio di tempo e energie.
E l’istinto, di sottecchi, ma fa l’occhiolino. Intensa storia d’amore la nostra.
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